IPAZIA – Secondo gli ultimi dati di UNAIDS, istituto dell’ONU che si occupa di studiare, prevenire e combattere l’AIDS, oggi nel mondo vivono circa 37 milioni di persone sieropositive. I nuovi infetti sono quasi 2 milioni ogni anno, di cui 150.000 bambini, e solo poco più del 50% di chi vive con l’HIV si sottopone a cure e terapie.
In molti ottengono una diagnosi quando ormai è troppo tardi: nel 2017 il numero complessivo di morti per patologie connesse all’AIDS – pur essendo in diminuzione rispetto agli anni precedenti – ha sfiorato il milione. E i morti totali dal 1981, anno in cui la malattia ha iniziato a diffondersi, sono oltre 35 milioni. Una cifra impressionante. Eppure dell’AIDS si parla ormai molto poco, come se si trattasse di un fenomeno del passato, quantomeno nei paesi industrializzati. Non è così. In Italia, secondo gli ultimi dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, risalenti al 2016, vivono circa 130.000 sieropositivi e l’incidenza più alta di nuovi casi riguarda la fascia d’età che va dai 25 ai 29 anni, segno che nelle nuove generazioni è venuta meno la consapevolezza dei rischi legati al contagio.
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