Dopo che lo scorso 11 marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato ufficialmente la pandemia, la comunità internazionale sembra prendere coscienza che, con ogni probabilità, non sarà possibile fermare la diffusione della COVID-19. Dalla Cina l’epicentro dell’epidemia si è ormai spostato in Europa, dove sono attivi diversi focolai indipendenti, mentre negli Stati Uniti è stata proclamata l’emergenza nazionale. Presto o tardi, tuttavia, anche il resto del mondo dovrà fare i conti con il nuovo coronavirus, troppo subdolo e contagioso per impedire che, passando da persona a persona, si diffonda in ogni angolo del pianeta.
Al tempo stesso, l’OMS afferma che questa è la prima pandemia della storia che potrà essere controllata. Se infatti non possiamo fermare il contagio, possiamo però rallentare l’avanzata dell’epidemia con misure di contenimento, per evitare il collasso delle strutture sanitarie e dare tempo alle nazioni non ancora colpite di attrezzare gli ospedali e preparare il personale medico. Perché finora, ammonisce l’OMS, è stato fatto ben poco e molti governi insistono nel sottovalutare il rischio. Durante la conferenza stampa dell’11 marzo, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus non ha nascosto la sua preoccupazione per «l’elevato livello di inazione» di molti Paesi, una formula che ricorda il biasimo delle Nazioni Unite per lo scarso impegno contro la crisi climatica.
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